Dott. Gian Maria Francesco Stellato

Specialista in Ortopedia e Traumatologia  

Dirigente Medico Ospedale "F.Spaziani" - Frosinone Ospedale Civile "San Benedetto" - Alatri(Fr)

Mi presento

Sono il Dr. Gian Maria Francesco Stellato, nasco il 18/08/1970 a Macerata Campania(Caserta).
Laureato con 110/110 con Lode in Medicina e Chirurgia nel 1996 presso l’Università degli Studi “Tor Vergata” di Roma. Abilitato alla professione di Medico-Chirurgo nella Prima Sessione del 1996. Iscritto all’Albo dei Medici Chirurghi di Frosinone con N. 3768. Specializzato con 50/50 con Lode in Ortopedia e Traumatologia nel 2001 presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Ho effettuato come primo operatore circa 1500 interventi chirurgici ortopedico-traumatologici(casistica chirurgica Frosinone) e circa il quadruplo come aiuto-assistente. Sono autore di numerose Pubblicazioni, Poster ed Atti congressuali. Inoltre, ho partecipato in qualità di relatore ed uditore a numerosi Incontri, Congressi e Corsi. (vedi elenco). Curriculum Vitae (in PDF). 

Dott. Stellato

FAQ

Il dolore del rachide cervicale può comparire in seguito a traumi soprattutto distorsivi-distrattivi(“colpo di frusta” da incidente stradale) ma anche senza di essi. La cervicalgia persistente con senso di pesantezza al collo ed alle spalle è, di solito, accompagnata da cefalea, vertigini posturali, ronzio auricolare od ipoacusia, visione di “mosche volanti”(miodesopsie), stato ansioso-depressivo, turbe dell’umore, dell’attenzione e della concentrazione, brachialgia con turbe della sensibilità alle mani. Fortunatamente, non tutti questi sintomi possono essere presenti, ma solo parte di essi e più o meno intensi. E’ d’obbligo un precoce consulto specialistico ortopedico per valutare uno studio approfondito con esami strumentali(Rx statica e dinamica, TAC, RMN). Nella maggior parte dei casi, il trattamento è di tipo farmacologico e fisiokinesiterapico. La chirurgia è riservata solo in casi estremi di fratture ed instabilità vertebrali, spondilolistesi gravi, neoplasie ed ernie discali con deficit neurologici periferici persistenti e convalidati con esame elettromiografico.

Le cause del dolore alla pianta del piede possono essere numerose: - Metatarsalgia da cattiva postura e/o aumentato peso con patologie associate come alluce valgo, dita a martello, artrite, gotta, diabete. Spesso sono presenti delle callosità sulle teste metatarsali; - Neuroma di Morton. Il sintomo indicativo di questa patologia è un dolore concentrato sotto l’avampiede, che dà la sensazione di un sassolino o di un chiodo; - Spina calcaneare e Fascite plantare che hanno come fattori predisponenti il piede piatto o cavo, posture scorrette del piede e calzature inadeguate; - Sindrome del tunnel tarsale per intrappolamento del nervo tibiale posteriore; - Frattura da stress e Traumi Per diagnosticare tutte queste patologie, è opportuno osservare i sintomi e la localizzazione del dolore. Inoltre, il medico ortopedico valuterà la necessità di effettuare esami ematochimici(artrite, gotta, diabete) ed esami strumentali(Rx dei piedi sottocarico, esame baropodometrico, ecografia, elettromiografia ed, in qualche caso, la risonanza magnetica). Il rimedio è, quasi esclusivamente, conservativo: plantari, infiltrazioni, fisioterapia. Si ricorre alla chirurgia solo in casi di resistenza alla terapia conservativa e nella correzione delle deformità associate come nel caso di un grave valgismo dell’alluce e dita a martello.

L’origine di una spalla dolorosa può essere traumatica(trauma diretto o indiretto) e non traumatica(dolore cronico). Le cause più comuni di quella che per tanto tempo è stata definita molto semplicisticamente periartrite scapoloomerale, vengono suddivise in - intraarticolari: artrosi ed instabilità glenoomerale; - extraarticolari: borsite e sindrome da conflitto(impigement) subacromiale. La diagnosi viene fatta con l’anamnesi, l’esame obiettivo con l’esecuzione di test specifici e con l’aiuto di esami strumentali come Rx tradizionale e proiezioni particolari(outlet view, a “Y”), Ecografia e Risonanza Magnetica(gold standard). Dal tipo e dal grado di lesione, la terapia spazia dalla conservativa con riposo, farmaci, fisiokinesiterapia ed infiltrazioni a quella chirugica artroscopica, “miniopen” ed “a cielo aperto”.

Il piede piatto è caratterizzato dalla caduta della volta plantare e valgopronazione del retropiede. E’ una condizione molto frequente nei bambini ed una correzione spontanea si può avere fino ai 6-7 anni di vita. L’utilizzo del plantare è molto controverso. A mio avviso, non corregge il piattismo ma può aiutare la fisiologica formazione della volta plantare e va riservato a casi di piattismo di entità maggiore e fino ai 7-8 anni di vita. Se in un bimbo si nota accenno al piede piatto, è utile lasciarlo camminare a piedi nudi su terreni irregolari(sassi, prato, sabbia), sulla punta dei piedi e sui talloni. Al contrario è vietato farlo camminare a piedi nudi su superfici lisce quali piastrelle di marmo. Dopo questo periodo(dai 9 ai 14 anni), nei casi di persistente dolenzia resistente al trattamento ortesico, è indicato l’intervento chirurgico tramite infissione di vite metallica o di materiale riassorbibile nel calcagno o nel “seno del tarso”(le tecniche più utilizzate sono la calcaneostop o l’endortesi di Giannini).

Alla base(metacarpofalangea) del dito coinvolto, alla palpazione, è apprezzabile un nodulo tendineo dolente che “schiocca” ai movimenti di flessoestensione. Nella fase avanzata della patologia, il dito può rimanere addirittura bloccato in flessione. La tenosinovite stenosante dei tendini flessori comunemente detta dito “a scatto” è provocata da un infiammazione tendinea e della guaina sinoviale che lo riveste, creando difficoltà allo scorrimento dello stesso all’interno di un canale più stretto alla base del dito detta puleggia(struttura a ponte con funzione di fulcro per il tendine durante la sua funzione). Fattori di rischio possono essere traumi ripetuti alla mano, attività lavorative e hobby che comportano un notevole stress manuale, patologie concomitanti quali ipotiroidismo, diabete, artrite reumatoide. Il suo trattamento prevede nelle fasi iniziali antiinfiammatori, terapia fisica ed infiltrazioni. Nei casi cronici e dolorosi, la soluzione è chirurgica in regime di Day Hospital ed anestesia locale alla mano, e prevede la sezione della puleggia A1(alla base del dito) liberando il tendine dal suo restringimento,

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